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IL VULTURE I CASTELLI E I LAGHI DI MONTICCHIO | |||||||||||||||||||||||||||
TEMPO DI VISITA 2 giorni ITINERARIO 1° giorno: Lagopesole - Rionero in Vulture (Monticchio) - Melfi 2° giorno: Venosa - Acerenza QUANDO Tutto l'anno CONSIGLIATO A chi ama la cultura e la storia e la natura COME A piedi e in auto per spostarsi tra i borghi |
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IL CASTELLO DI LAGOPESOLE Il castello di Lagopesole è il luogo in cui Federico II, Imperatore di Svevia, amava rifugiarsi per dedicarsi all’arte venatoria, una delle sue passioni, ed è stato il luogo prediletto da Manfredi, figlio dello stesso “Stupor Mundi”. L’affascinante maniero medievale si lascia ammirare, adagiato com’è, su una collinetta che sorge sui fiumi Ofanto e Bradano e domina il borgo di Lagopesole. Il castello è un massiccio blocco rettangolare articolato su due piani e caratterizzato da due cortili, uno maggiore e uno minore, e una torre contraddistinta da una muratura bugnata nella parte superiore, tipica dell’architettura sveva. Il cortile maggiore rimanda all’ampliamento intrapreso da Federico II (1242) sui resti delle precedenti costruzioni normanno-sveve e angioine e comprende anche una vasta cisterna e una grande cappella. E proprio la cappella, in stile romanico, distingue questo splendido maniero dagli altri attribuiti a Federico II di Svevia, essendo l’unico esempio di luogo di culto rispetto a quelli dell’epoca imperiale. Così come appare oggi, seppure restaurato negli anni novanta, il castello conserva le modifiche volute dall’intervento di Carlo I d’Angiò. Nell’Ottocento, rifugio dei briganti capeggiati da Carmine Crocco, oggi il castello è location prediletta per prestigiose iniziative culturali, in particolare “Il Mondo di Federico II”, che grazie ad un Museo Narrante e ad una multivisione dagli effetti scenici straordinari racconta la vita di corte al tempo dell’Imperatore Svevo. I LAGHI DI MONTICCHIO E L'ABBAZIA BENEDETTINA DI SAN MICHELE Costruita sui fianchi dell’antico cratere del Vulture, vulcano spento, essa, insieme ai resti del complesso di Sant’Ippolito, è la testimonianza tangibile della presenza di ordini monastici nel territorio del Vulture. Non è un caso che lo scrittore e paesaggista inglese Edward Lear, ne “Viaggio in Basilicata” (1847) descriva l’abbazia come “il modello più perfetto di solitudine monastica”. Edificata prima del 1000 dai frati Benedettini, intorno ad una grotta basiliana dell’XI secolo, il monastero presenta una struttura di straordinaria fattura ed è costituito da un convento a più piani, da una chiesa settecentesca e dalla antichissima cappella di San Michele a pianta quadrata addossata al fondo roccioso della primitiva grotta, oltre ad un’edicola appoggiata sulla roccia. Agli occhi più attenti non sfuggono gli affreschi (XI sec.) raffiguranti Gesù tra la Madonna, San Giovanni e tre apostoli. A rendere ancora più suggestivo il complesso e la sua storia è senz’altro il fatto che l’abbazia sorga in un’oasi naturale in cui spiccano i meravigliosi Laghi di Monticchio, due specchi d’acqua di origine vulcanica che hanno preso il posto del cratere ormai spento. Immersa nella folta vegetazione di cerri e lecci, l’abbazia è raggiungibile percorrendo un sentiero fatto di gradini che si inoltra nei boschi. Il complesso è inoltre sede del museo di Storia naturale del Vulture in cui sono conservati reperti preistorici e di fauna nell’area. Per gli amanti del trekking, a piedi o a cavallo, e della natura in generale, il territorio di Rionero in Vulture offre diverse occasioni di svago e relax. Luogo di singolare bellezza e suggestione è la Riserva Naturale Grotticelle, nel comune di Rionero in Vulture, nota per la Acanthobramaea europaea, rarissima farfalla che generalmente vive in zone tropicali e, nonostante si ritenesse estinta, si posa anche tra le querce di questa area verde. Nella riserva ci si può divertire in appassionanti escursioni che consentono di visitare esclusivi spettacoli naturali, proprio nei luoghi, un tempo rifugio di briganti, eremo di monaci, terreno di caccia di Federico II di Svevia. Gli appassionati di trekking a piedi e a cavallo, ma anche di percorsi in bici, possono soddisfare in pieno le proprie emozioni nell’incantevole spazio verde che abbraccia i due laghi vulcanici di Monticchio, frazione di Rionero in Vulture, ricco di boschi, coste verdeggianti, altopiani sconfinati e sentieri che conducono verso paesaggi da fiaba. I percorsi praticabili sono quelli un tempo calcati anche dai briganti capeggiati dal generale rionerese Carmine Crocco e si inerpicano, vertiginosi, in direzione dell’Abbazia benedettina di San Michele, fino alle infinite fontane del Vulture, fra grotte e anfratti. Chi si avventura in questi itinerari è avvolto dal penetrante profumo di roveri e faggi mentre, girando lo sguardo verso i due laghi, uno più grande, l’altro più piccolo, gli occhi immortalano come nitidi obiettivi i fiori della ninfea alba, che galleggia, quasi sfiorandole, solo su queste acque. MELFI Melfi è uno dei centri culturali più vivi della Basilicata, per il suo castello normanno svevo, sede anche del Museo Archeologico, e le numerose altre architetture che la rendono meta irrinunciabile. Il percorso nella città federiciana, tra palazzi storici e la casa natia del meridionalista Francesco Saverio Nitti, conduce fino alla Porta Venosina, l’unico accesso ancora esistente, da cui è possibile ammirare una piccola parte delle antiche mura della città e l’affascinante panorama del Vulture. Da non perdere è anche il patrimonio sacro costituito principalmente dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta e dalle mistiche chiese rupestri di Santa Margherita e Santa Lucia (XIII sec.), ma si consiglia di visitare anche il Museo Diocesano. Il Castello Normanno Svevo di Melfi Chi sceglie di intraprendere un itinerario tra i luoghi della cultura a Melfi, potrebbe lasciarsi guidare dalle impressioni del paesaggista e scrittore inglese Edward Lear, che nella metà del XIX secolo definisce il castello di Melfi “degno dei migliori quadri di Poussin”. Dall’alto della sua posizione, proprio sulla cima della città del Vulture, è considerato uno tra i più importanti castelli medioevali del Meridione d’Italia, impreziosito dal Museo Archeologico Nazionale del Vulture Melfese “Massimo Pallottino”. La storia del maniero è legato alle figure di spicco che si sono succedute nel corso degli anni e dei secoli a Melfi: voluto da Roberto il Guiscardo, ampliato da Federico II, dotato di nuove torri da Carlo I d’Angiò, rimaneggiato dai Caracciolo e dai Doria. A vederlo quasi emerge sulla sommità di un colle, non si può non condividere l’opinione di quanti lo considerino il castello più noto della Basilicata e uno dei più grandi del sud Italia. Subito si impongono allo sguardo le dieci torri, sette rettangolari e tre pentagonali, dei quattro ingressi, tre sono angioini, e attraverso uno di essi, aperto di Doria, si accede al borgo attraverso un ponte, un tempo levatoio. Superato il portone, si entra nel bel cortile principale, su cui affacciano il palazzo baronale e la cappella gentilizia. Al piano terra del castello è ospitato il Museo Archeologico Nazionale del Melfese, in cui è custodita l’importante documentazione archeologica rinvenuta nel comprensorio dell’area, mentre nella torre dell’Orologio si può apprezzare lo splendido Sarcofago romano, ritrovato nel 1856, noto anche come “Sarcofago di Rapolla”, perché un tempo conservato nella piazza della cittadina del Vulture. Appartenuto di certo a un personaggio di rango elevato, è un raffinato prodotto della seconda metà del II secolo proveniente dall’Asia Minore. Sul coperchio è raffigurata la defunta sdraiata. Melfi la Porta Venosina È l’unico dei sei accessi alla città ancora esistente lungo la cinta muraria e prende il nome dal fatto che essa partiva da un’arteria che conduceva alla via Appia, quindi a Venosa. Circondata interamente da antiche mura normanne con torrioni di avvistamento, Melfi ha una cinta muraria unica nell’Italia meridionale della quale fa parte l’incantevole Porta Venosina, in stile gotico e con portale a sesto acuto con l’archivolto a toro scanalato, sostenuto da capitelli a tronco di piramide rovesciata. La porta è affiancata da due bastioni cilindrici ‘400, a rafforzamento delle capacità difensive, ed è impreziosita da due bassorilievi che la affiancano, quello di destra raffigurante lo stemma di Melfi, l’altro, a sinistra, quello dei Caracciolo. Alla lapide celebrativa dell’antica gloria e della grandezza della città, voluta da Federico II, è stata sostituita quella di Giovanni II Caracciolo ancora oggi visibile. VENOSA Ogni monumento, ogni strada, ogni vicolo della città di Venosa è espressione della cultura che nei secoli ha permeato la città oraziana dando vita a gioielli artistici e architettonici di inestimabile valore. Sin dall’ingresso della città si può ammirare la splendida Abbazia della Trinità, con annessa chiesa dell’Incompiuta, luoghi sacri fortemente legati all’origine della dinastia normanna. Straordinario è anche il vicino Parco archeologico e, nel cuore del borgo antico, il castello Pirro del Balzo, sede del Museo Archeologico Nazionale. Da non perdere, poi, sono la cattedrale di Sant’Andrea Apostolo, il sito preistorico paleolitico di Notarchirico, tra i più antichi d’Europa, la cosiddetta Casa di Orazio, diversi palazzi storici e fontane, come quella Angioina, o dei Pilieri, proprio di fronte al castello, eretta nel 1298, in onore di Carlo I D’Angiò. Venosa custodisce, inoltre, una testimonianza di notevole interesse storico e archeologico del culto dei morti nell’antichità: le catacombe ebraiche in prossimità di quelle cristiane (IV-IX sec.) scavate nel tufo. Percorrere le strade lastricate in pietra della città oraziana, dunque, regala una sensazione di scoperta e sorpresa continue. Al suo cittadino di eccellenza Venosa dedica il “Certamen Horatianum”, una gara intellettuale sulle orme di Orazio, con la traduzione dal latino e relativo commento in italiano di un componimento scelto tra le opere del celebre autore latino Orazio. Il Castello Pirro del Balzo di Venosa Costruito tra 1460 e 1470, è sorto su una preesistente cattedrale romanica. Imponente domina il centro storico della città e ospita il Museo Archeologico Nazionale. Il nuovo fortilizio voluto dal duca Pirro del Balzo nasce come importante tassello di un nuovo progetto urbanizzazione e fortificazione intorno alla città oraziana. Se ne possono ammirare le quattro torri cilindriche, che segnano gli angoli della pianta quadrangolare, un profondo fossato e un ampio cortile circondato da un loggiato rinascimentale. Di qui si passa nella Biblioteca comunale e nei due saloni di rappresentanza, con volte dipinte da soggetti allegorici nel XVIII secolo, mentre dall’androne si accede al camminamento. L’interno della galleria seminterrata in parte ospita il Museo archeologico nazionale che raccoglie la documentazione di età romana, tardo antica e alto medioevale della città e del suo territorio. La casa di Orazio - Venosa In una vicolo di Piazza Orazio si può visitare quella che dovrebbe essere stata la casa natale di uno dei poeti più amati dell’epoca romana. In realtà in questo piccolo edificio romano sono stati individuati ambienti termali, tra i quali si distingue con certezza un “calidarium”, una parte delle antiche terme romane destinata ai bagni in acqua calda. La facciata della struttura presenta mattoni a legatura reticolata, mentre a sinistra dell’ingresso è murato un bassorilievo. Ad ogni modo è possibile visitare l’edificio su prenotazione. Le Catacombe Ebraiche Cristiane Venosa Sono il simbolo di una testimonianza di notevole interesse storico e archeologico del culto dei morti nell’antichità. Sulla collina della Maddalena, appena fuori dalle mura fortificate, si resta intimamente colpiti dalle catacombe ebraiche in prossimità di quelle cristiane, dimostrazione della presenza di una consistente comunità ebraica tra il IV e il IX secolo –. Scavate nel tufo e articolate in diversi cunicoli con loculi parietali e nicchie, presentano numerosi graffiti ed epigrafi funerarie con iscrizioni in ebraico, greco, latino, incisioni in Menorah e affreschi. Il sito è visitabile su prenotazione. ACERENZA Acerenza è uno dei “Borghi più belli d’Italia”, denominata “città cattedrale” per l’imponente tempio che troneggia al centro del borgo antico, dedicato a Santa Maria Assunta e a San Canio (XI-XIII sec.). Come vi fosse “adagiata” sorge su di una rupe, racchiusa tra il fiume Bradano e il torrente Fiumarella, spiccando a oltre 800 metri sul livello del mare, e proprio grazie alla sua posizione, dal belvedere “Torretta”, lo sguardo si perde sul panorama che si tuffa nei colori mutevoli dell’alta valle del Bradano. Proprio lì, dove sorge l’attuale abitato, nacque l’antica Acheruntia, che per la sua posizione il poeta latino Orazio definì “caelsae nidum Acherontiae”, “il nido d’aquila dell’alta Acerenza”, mentre scrittori come Tito Livio e Procopio la citarono come “fortezza di guerra” e “presidio”. Una volta in paese ci si perde tra i vicoli del borgo antico dove si susseguono fontane e palazzi di pregio, molti dei quali con cortili interni, decorati di stemmi e portali in pietra. La Cattedrale di Acerenza A guardarla da ogni prospettiva si comprende la ragione per cui sia annoverata tra i più importanti monumenti della Basilicata. Dedicata a Santa Maria Assunta e a San Canio vescovo (XI-XIII sec.), la Cattedrale di Acerenza si deve a Roberto il Guiscardo, condottiero normanno che ne iniziò la costruzione sull’area di una chiesa paleocristiana, a sua volta eretta su un tempio pagano dedicato ad Ercole Acheruntino. Successivamente maestranze locali, dirette da architetti francesi, la realizzarono in stile romanico clunyacense, secondo l’indirizzo dell’abate di Cluny, Arnoldo, il quale, designato arcivescovo, nel 1080 la consacrò a Santa Maria Assunta e a San Canio. A guardarla da ogni prospettiva si comprende la ragione per cui sia annoverata tra i più importanti monumenti della Basilicata, con la grande abside e l’interno a tre navate in cui sfilano sulle pareti importanti tavole cinquecentesche, il grande polittico di Antonio Stabile (1583), una cripta del 1524 abbellita da splendidi affreschi di Giovanni Todisco da Abriola, la cupola sulla crociera (XIX sec.) e la sacrestia con un busto di Giuliano l’Apostata. Bellissimo il portale decorato da singolari allegorie raffiguranti uomini e animali avvinghiati tra loro. Fonte: Basilicata Turistica - APT Basilicata |
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